Misteri dell’origine – Carina Arantes Faria

©Nathalie Crame

Il numero 13 di Ombilic ci invita a una nuova passeggiata intorno all’inafferrabile mistero dell’origine e del predicato del (non) desiderio di figli e di famiglia.

Questo mi ha riportata a Cafarnao, un film di Nadine Labaki apparso nel 2018.

Il piccolo Zain è un ragazzo di 12 anni che vive per le strade di Beirut, tra accattonaggio e criminalità. Il film si apre con una scena in un tribunale dove Zain dice al giudice : « voglio presentare una denuncia contro i miei genitori per avermi messo al mondo ! »

Ecco la questione elementare che ci accompagna durante tutto il film. Il film nasce dal desiderio di Labaki di osservare e conoscere l’intimità della vita dei bambini di strada nella capitale del Libano, dove ha trovato il protagonista di questa finzione, ancorato a questa realtà.

Zain non ha documenti. Vive con i suoi genitori e i loro numerosi figli in una baraccopoli. I bambini non vanno a scuola e devono lottare per sopravvivere alla violenza e alla precarietà della loro esistenza.

Privato dalla previsione dell’essere che l’Altro avrebbe dovuto dargli, Zain agisce alla ricerca della sua esistenza, commette un delitto d’onore – vendica sua sorella – e conduce dalla prigione un processo contro i suoi genitori. Un appello alla giustizia per occupare il suo desiderio di avere un posto non-anonimo nel mondo.

All’età in cui la scienza ci dà la possibilità – e la libertà – di prevedere (quasi) tutto, l’origine rimane un mistero per il soggetto, qualcosa di inafferrabile: la contingenza di cui dovrà appropriarsi e cavarsela di fronte al reale senza legge e all’impossibile – come ci dice Laurent[1] – di essere causa di se stessi.

Tra i tre testi di questo numero, Ros McCarthy articola il mistero dell’origine a questo punto del reale che costituisce ogni desiderio di una famiglia e di un figlio. Di quale sintomo il soggetto è il risultato ? Di quale desiderio, di quale godimento ? Il punto del reale che costituisce l’origine rimane inafferrabile.

L’intervista con il ginecologo e psicoanalista Jean Reboul ci invita a conoscere la clinica dell’infertilità a partire dalla sua pratica che apre all’incontro del reale – per ogni soggetto – la possibilità di un appuntamento con il desiderio.

Aurélie-Flore Pascal ci invita ad un’altra sessione cinematografica con il suo commento preciso e delicato del film « 17 Ragazze » : « A ciascUna la sua réson ».

Il video di questa edizione ci fa scoprire il documentario « La piazza dell’uomo » attraverso l’intervista con la realizzatrice Coline Grando. Il suo lavoro dà spazio all’enunciazione non-anonima di uomini che si posizionano in relazione al loro desiderio di figli  tramite la domanda dell’aborto. Un momento inedito e sconvolgente !

In Cafarnao il padre di Zain dice al giudice che per essere un uomo doveva avere dei figli. Nel suo documentario Coline Grando dà agli uomini la possibilità di scegliere !

Buona avventura !

 

Fotografia: ©Nathalie Crame

Bibliografia

BROUSSE, M.-H., « Un néologisme d’actualité : la parentalité », La cause freudienne, n.60, 2005, pp.122.

« Con Lacan, si può dire che si tratta ormai della dittatura del più-di-godere, e questo termine di dittatura è abbastanza appropriato per caratterizzare la relazione che sempre più genitori intrattengono con il loro bambino. C’è un’industria di cose infantili ; l’infanzia richiede un consumo particolare. C’è uno stile di vita collegato al fatto di crescere dei bambini. La prova di questa dittatura del bambino come stile di vita è data dal fatto che molti soggetti non si impegnano nella genitorialità senza ambivalenza, temendo il dominio del bambino sulle loro altre modalità di godere. »

 

[1] Laurent, E. « Protéger l’enfant du délire familial », La Petite Girafe, n°29, avril 2009, p.7.